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giovedì 17 novembre 2016

Referendum, dimissioni di Renzi lunedì 5 alle ore 11 se vince il No. Tutto vero


L'appuntamento è già fissato per le ore 11 di lunedì 5 dicembre (dicono fonti ben informate). Nel caso in cui, come dicono praticamente tutti i sondaggi usciti finora, il No dovesse vincere al referendum costituzionale il giorno dopo il premier Matteo Renzi salirebbe al Quirinale per rassegnare le dimissioni nella mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il leader del Pd ovviamente non lo ha detto in modo esplicito, ma lo ha fatto capire in modo molto chiaro e inequivocabile affermando: "Io non sono come loro. Io non ce la faccio a restare abbarbicato a una poltrona per il gusto di starci. Io sono qui per cambiare le cose, non sono disponibile a restare nei giochini della vecchia politica, per galleggiare". E ancora: "Sai quanti ne trovano più bravi di me a galleggiare? Se qualcuno vuol fare strani pasticci il giorno dopo li fa senza di me".

La traduzione di queste parole, stando a fonti dem qualificate, è molto semplice: Renzi non resterà a Palazzo Chigi indebolito e depotenziato dalla vittoria del No e il suo Pd, quindi la maggioranza di deputati e senatori, si schiererà contro un esecutivo tecnico o di transizione. L'unica possibilità che prende in considerazione il premier, ovviamente se il Sì dovesse perdere il 4 dicembre, è rimanere ancora qualche settimana premier solo per gestire l'ordinaria amministrazione (tra cui l'approvazione della Legge di Bilancio in Parlamento per evitare l'esercizio provvisorio e le clausole di salvaguardia), modificare la legge elettorale (rendendola valida sia per Montecitorio sia per Palazzo Madama) e poi tornare immediatamente alle urne già nel mese di febbraio.

Renzi accelera i tempi perché teme che una sconfitta al referendum, soprattutto se abbastanza netta, possa ricompattare la minoranza dem. Correre al voto significa anche evitare il congresso e le primarie del Pd, in questo modo il segretario-premier potrà ripresentarsi per Palazzo Chigi come unica alternativa ai populismi dei 5 Stelle e di Salvini. Ovviamente, spiegano fonti dem, nessuno di coloro che nella sinistra Pd si sono schierati per il No al referendum verrà messo in lista. Fuori quindi Bersani, Bindi e Speranza. Dentro solo Cuperlo. Non una scissione ufficiale ma una separazione di fatto. Il dado è tratto e le parole di Renzi confermano in pieno scenario post-referendum.




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