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martedì 29 novembre 2016

ECCO IL DOCUMENTO CHE PROVA COME PRODI CI HA IMBROGLIATI NEL 2006


Certo, il politologo Roberto D’Alimonte è renziano e non l’ha mai nascosto. Ma l’analisi che fornisce oggi sulle pagine de Il Sole 24 Ore è comunque impietosa nei confronti dei dell’Ulivo, evocato in questi giorni come una sorta di “epoca doro” della sinistra italiana. Da ultimo, nientemeno che da Massimo D’Alema, che lo ha contrapposto all’attuale Pd di Matteo Renzi. “E’ una narrativa sbagliata” scrive D’Alimonte. “Fin dall’inizio, l’Ulivo è stato un progetto politico dai contorni indefiniti”. Che “non è mai riuscito a generare un consenso maggioritario”.

Il politologo ricorda come l’Ulivo sia uscito vincitore dalle elezioni in due occasioni: nel 1996 e nel 2006. “E sempre per caso. (…) Nel 1996 il centrosinistra guidato dall’Ulivo prese il 44,9% dei voti maggioritari alla Camera, tutto il centrodestra ne prese il 51,3. nell’arena proporzionale il distacco fu anche maggiore, ma prodi vinse perché i rivali erano divisi, con la Lega che si era presentata da sola dopo la rottura con Forza Italia”. Nel 2006 Prodi vinse di nuovo, ma “fu un’altra vittoria per caso”. L’Ulivo c’era ancora, quella volta dentro l’Unione, che era una coalizione acchiappatutto composta da 14 liste alla Camera e 20 al Senato. L’Unione vinse alla Camera per 25mila voti ma perse al Senato. Fu solo grazie a un errore del centrodestra nella presentazione delle liste nella circoscrizione estero, che Prosi riuscì ad avere un seggio in più di Berlusconi a Palazzo Madama.

FONTE

Pazzesco a Roma. Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard

Civitavecchia, sviluppi nell'inchiesta sulla società che doveva costruire il maxi yacht. Al cardinale Bertone 700mila euro per beneficenze, consulenza da 500mila euro per l'ex senatore Baldassarri

ROMA - Se mai qualcuno avrà il coraggio di varare quella carcassa di yacht arrugginito, adagiato nel cantiere abbandonato della Privilege Yard al porto di Civitavecchia, un azzeccato nome di battesimo potrebbe essere "Mangiatoia". Quel progetto, infatti, nato col preciso obiettivo di succhiare denaro a un pool di banche (Etruria, Banca Marche, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm e Mps) ha sfamato l'appetito di tanti: dell'ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, degli ex parlamentari Mario Baldassarri e Vincenzo Scotti, del presidente dell'Autorità portuale Pasqualino Monti. E naturalmente quelli dell'imprenditore 76enne Mario La Via. L'uomo che diceva di voler costruire uno yacht, e invece regalava soldi non suoi.





Mario La Via, amministratore delegato della Privilege Yard fallita nel 2015, e Antonio Battista, componente del cda e unico delegato a operare sui conti bancari della società, sono finiti agli arresti domiciliari su ordine della procura di Civitavecchia, per i reati ipotizzati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari e violazione della normativa antimafia. Con il denaro prestato dagli istituti bancari, per dire, avevano acquistato una Maserati e una Ferrari Coupé da 320mila euro. L'indagine del Nucleo tributario della finanza ricostruisce tutte le distrazioni patrimoniali attorno allo yacht mai varato. Rendendolo un corpo di reato lungo 127 metri.

Il maxi finanziamento concesso alla Privilege dal consorzio di banche (Etruria era la capofila) ammonta a 190 milioni di euro, di cui circa 125 milioni effettivamente erogati. Un progetto che non stava in piedi fin dall'inizio ma che ebbe sponsor di alto livello e coperture. Risulta agli atti una lettera di garanzia da parte della Barclays, ottenuta "ricorrendo a pressioni di organi amministrativi e politici".

Non solo.

L'ex ministro Vincenzo Scotti della Privilege era presidente onorario. Lui e l'ex parlamentare Fli Mario Baldassarri andarono di persona a una riunione con esponenti di Banca Etruria per perorare la causa di La Via. Lo ha raccontato ai finanzieri Carlo Maggiore, il responsabile della Direzione Corporate Finance di Etruria. E che c'entra Baldassarri? È il rappresentante legale della Economia Reale srl, società che ottiene da Privilege un paio di consulenze, "per attività svolta presso Unicredit e Intesa al fine di concretizzare la loro partecipazione al pool bancario". Il compenso era di 500mila euro.

Quando i finanzieri vanno a perquisire la mega villa di Mario La Via a Roma in zona Quarto Annunziata - una sobria dimora di 4 piani con sala cinema, discoteca, palestra, 3 saloni di rappresentanza, parco, campo da tennis, piscina e spogliatoi, ristrutturata con 4 milioni di euro stornati dalle casse della Privilege e fatta passare come la foresteria della società - scoprono un dettaglio minimo, ma che racconta molto. "Sono stati rinvenuti segnaposti per cene eleganti con personaggi di prestigio e la corrispondenza con il cardinale Bertone". Ecco che viene fuori quanto ricostruito da Repubblica e Liberonelle settimane scorse: 700mila euro di bonifici erogati a favore di associazioni italiane ed estere "su richiesta, indicazione e sollecitazione di Tarcisio Bertone, tra il febbraio 2008 e il novembre 2012". Privilege Yard pagava anche l'affitto della casa di Pasqualino Monti, il presidente dell'autorità portuale di Civitavecchia che ha concesso l'area del cantiere, per una somma complessiva di 43.200 euro, "a circa il triplo dei valori medi di mercato per gli anni 2011 e 2012". Ma per Mario La Via i soldi non erano un problema

fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2016/07/29/news/privilege_yard-145000225/?ref=fbpr

La Serracchiani usa soldi dei contribuenti per fare la campagna per il “sì”


“È una parata della sinistra che, con i soldi dei contribuenti, finanzia in modo sfacciato quanto imbarazzante la propaganda in favore della riforma costituzionale“.

Massiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera, batte i pugni sul tavolo per l’ennesima entrata a gamba tesa del Pd in favore del “sì” al referendum del 4 dicembre. Matteo Renzi, in difficoltà con i sondaggi, ha sguinzagliato i suoi per far campagna elettorale. Se ne infischia della par condicio. Pur di vincere è disposto a tutto.

A scatenare l’ultimo scontro, come riporta anche il Fatto Quotidiano, è stato un convegno organizzato dal vice segretario piddì Debora Serracchiani. Lo scorso 7 ottobre la sede della Regione Friuli Venezia Giulia si è, infatti, tenuto l’incontro “Riforma costituzionale e autonomie speciali”. Già dalla sede, però, si capisce che la Serracchiani non l’ha organizzato da esponente dem ma da governatrice. E qui subentrano un po’ di problemi. Per prima cosa ha invitato solo politici asserviti a Renzi e, quindi, favorevolissimi alla riforma costituzionale. Il sindaco di Udine Furio Honsell, il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop, il ministro alla Affari regionali Enrico Costa e i presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano Ugo Rossi e Arno Kompatscher non hanno fatto mistero dell’intenzione di votare “sì” al referendum. Tutto questo a spese dei contribuenti.

“Non solo questo spudorato manifesto per il ‘sì’ al prossimo referendum del 4 dicembre è stato pagato con risorse pubbliche – attacca la grillina Elena Bianchi – ma si è svolto in piena violazione della par condicio e in totale assenza di contraddittorio”. Il Movimento 5 Stelle ha così presentato un esposto all’Agcom che ha sanzionato la Serracchiani per aver violato le regole della par condicio e ha ordinato la Regione a pubblicare sulla homepage del proprio sito l’indicazione col convegno è stato organizzato senza rispettare la legge. “Pur di far vincere il ‘sì’ al prossimo referendum costituzionale – tuona la Bianchi – la Serracchiani è disposta a fare di tutto, anche a violare spudoratamente la par condicio. Fortunatamente – conclude – l’abbiamo beccata con le mani nella marmellata”.



ECCO COME IL PD CONTROLLA I TG DELLA RAI E DI ALTRI ENTI


Esiste un metodo scientifico con cui il Partito democratico di Matteo Renzi controlla i telegiornali della Rai. Il presupposto è che lui stesso li ha nominati tramite il duo Maggioni-Dall’Orto piazzato ai vertici del servizio pubblico con la complicità dell’amico Berlusconi.

Il metodo funziona così: nelle edizioni principali, quella di pranzo e quella di cena, i telegiornali Rai aprono con un servizio su Renzi. Ci sono le sue parole prese da palchi e conferenze stampa, sempre senza contraddittorio. Seguono elogi della statura politica del presidente del Consiglio, mentre quando va bene vengono citati i sistematici scontri di piazza che inseguono Renzi in ogni regione.

Dopo l’onnipresente premier tocca in ordine sparso alle opposizioni, quelle finte come Forza Italia, e quelle vere, come il Movimento 5 Stelle. In occasioni di grandi eventi ci sono servizi dedicati, nelle altre occasioni i direttori e i capiredattori ordinano i cosiddetti ‘pastoni’, ovvero quei servizi televisivi che contengono un po’ di tutto.


Poi ecco arrivare anche la posizione della maggioranza, che ovviamente ricalca quella del governo. Quindi via libera ai vari Casini, CIcchitto e Romano che fanno da scudieri o da incursori, sfruttando il loro spazio (sì perché neanche loro sono mai intervistati ma dichiarano a tema libero). E quindi ecco l’effetto ‘panino’, con il Movimento 5 Stelle sempre schiacciato fra due posizioni. Non è un’opinione, sono i dati del monitoraggio televisivo che fa l’Autorità per le comunicazioni: al Tg1 Renzi e i suoi parlano per circa il 70% del tempo nella scorsa settimana, al Tg2 invece poco meno del 60%, infine il Tg3 dove lo spazio è poco sotto il 40%. Ed è successo anche ieri: sul Tg1 servizio su Renzi, poi le opposizioni e quindi due minuti di intervista al ministro Boschi; sul Tg2 servizio su Renzi, poi le opposizioni e quindi due minuti di intervista al ministro Padoan. Questa è una vera e propria occupazione. Un’occupazione legittimata dalla stessa Autorità per le comunicazioni, che dovrebbe essere garante ma garante non è perché di fronte a questi numeri e a questi comportamenti non interviene.

Non solo, in Rai succede anche un’altra cosa agghiacciante. E’ l’ufficio stampa del Pd a decidere i servizi sul Movimento 5 Stelle. Infatti bastano due-tre comunicati stampa del partito renziano che qualunque notizia, senza alcun filtro giornalistico, diventa un servizio televisivo. E i complici non sono quei giornalisti che provano a fare il proprio mestiere ma quei direttori, vicedirettori e caporedattori che per tenersi saldi alla poltrona spesso diventano più realisti del re, si sdraiano per terra e si fanno calpestare e umiliare dal renzismo.

Questo non è servizio pubblico, la Rai che funziona così non ha ragione di esistere perché equivale a Mediaset, dove le tre reti sono di Berlusconi di nome e di fatto. Una seria legge sul conflitto d’interessi non esiste, così Matteo e Silvio si dividono la torta

Scontro Berlusconi-Berlinguer, l'ex Cavaliere: ''Se va avanti così me ne vado''

Ospite del programma Carta Bianca, condotto da Bianca Berlinguer, Silvio Berlusconi ha minacciato la giornalista di lasciare la trasmissione. ''Non può andare così: o lei mi lascia il tempo di rispondere su cose serie, oppure mi alzo e me ne vado'', ha esclamato il leader di Fi