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giovedì 6 ottobre 2016

LO SCANDALO CHE NESSUNO DENUNCIA: RENZI HA DOSSIER SEGRETI SU TUTTI GLI ITALIANI, PRONTI ALL’USO PER RICATTARE CHI, ALL’OCCORRENZA, SERVA AI SUOI DELINQUENZIALI PROPOSITI


IL DIRETTORE DE “LA VERITA’” SI SORPRENDE CHE NESSUNO ABBIA RILANCIATO O SMENTITO LO SCOOP DI VENERDI’ SCORSO SUI DOSSIER PREPARATI DAGLI APPARATI DI STATO (DALLA POLIZIA AI SERVIZI) PER IL PREMIER CAZZONE

Maurizio Belpietro per “La Verità”

Dagospia è un sito di informazione e gossip che tra una indiscrezione e una fotografia di starlette scapezzolate spesso anticipa notizie di cose politiche ed economiche che nessun altro è in grado o ha il coraggio di anticipare. Non sto qui a fare l’ elenco degli scoop di Roberto D’ Agostino, il suo fondatore, ma se molti colleghi hanno fissa sul computer la homepage di Dagospia è perché spesso da lì colgono news che le agenzie di stampa non danno.

Ciò detto, venerdì pomeriggio leggendo Dago sono saltato sulla sedia e non per la notizia che il nostro Giacomo Amadori è stato assolto in una causa per diffamazione che gli aveva intentato Adriano Celentano, ma per una Dagonota dal seguente titolo: «Renzispia. Dopo due anni di Palazzo Chigi, il bulletto si è infilato con arroganza nei gangli del potere, dalle Fiamme Gialle ai servizi, dalla polizia ai carabinieri, ha chiesto e ottenuto notizie riservate: e ora si allarga…».

Già il titolo dice molto, ma ancor di più dice ciò che sta sotto. Riporto direttamente dal sito: «Tra i poteri nazionali s’ è diffusa una certa apprensione, per non dire paura, nei confronti di Matteo Renzi. Sono ormai due anni e mezzo che il Ducetto da Rignano s’ è insediato a Palazzo Chigi. Ha avuto, cioè, tutto il tempo per inserirsi nei gangli del potere pubblico. Soprattutto in quello degli apparati di sicurezza. Con questa formula asettica vengono chiamati (da quelli che parlano bene) i servizi segreti. Ogni giorno, il premier cazzone riceve dai Carabinieri, dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia, dai Servizi veri e propri dossier, rapporti, relazioni -insomma, spiate – sugli uomini più in vista del Paese».

Depurato dagli sfottò, l’ articolo sostiene senza condizionali che il premier avrebbe dossier riservati confezionati da apparati dello Stato su chiunque ricopra una posizione chiave nel Paese. Non solo. La Dagonota aggiunge che «per fare il figo» Renzi farebbe battute e rivelerebbe qualche segreto alle stesse persone oggetto dei dossier, con un risultato evidente: «Terrorizzarli, con l’ idea di tenerli in pugno». Di più: «Però, come al Cav, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Servizi segreti non rivelano al premier toscano i segreti che intercettano su di lui. E si è vista come è andata a finire».

Come detto, l’ articolo è comparso sul sito venerdì pomeriggio, per la precisione alle ore 17.09. Mettiamo che qualcuno nella serata antecedente il weekend fosse distratto e avesse spento il computer per potersela filare prima. Ma com’ è possibile che ieri, sabato, nessuno abbia reagito alla notizia di uomini delle forze dell’ ordine e dei servizi di sicurezza che lavorano per redigere dossier da con segnare al premier? Dico: nessuno ha smentito.

Non i vertici della Polizia, non quelli dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Silenzio dai vari organismi che dovrebbero operare per la difesa nazionale. Bocche cucite pure a Palazzo Chigi. Eppure Dagospia non è un sito clandestino, ma un indirizzo web che è frequentato quotidianamente da decine se non centinaia di migliaia di persone, giornalisti e uomini in vista compresi.

E seppur tra una Eleonora Giorgi che rievoca la sua carriera e il libro dedicato a tutte le amanti di Clinton, la notizia non è di quelle che passano inosservate. Dagospia in pratica dice che il presidente del Consiglio a Palazzo Chigi ha dei dossier sugli italiani che contano e forse lui stesso è spiato. Ora io non so se le rivelazioni del sito corrispondano al vero.

Sta di fatto che nel passato, quando ai vertici dei Carabinieri e del Sifar c’ era il generale Giovanni De Lorenzo e si accumulavano dossier sugli esponenti delle varie forze politiche, vennero giù i governi, furono decapitati i vertici militari e si istituirono commissioni d’ inchiesta. Per lungo tempo si vissero anni con il timore che le forze politiche fossero sotto il ricatto di segreti indicibili o semplicemente di risvolti della loro vita privata.

Ribadisco: io non so se quanto raccontato da Dago spia sia documentato, se cioè esistano apparati dello stato che confezionano dossier per il premier e contro il premier. Tuttavia, siccome Dagospia non è un bollettino sconosciuto, urge che qualcuno chiarisca o smentisca. Far finta di niente, far sparire le notizie, come da qualche tempo si tende a fare nascondendole sotto il tappeto, non serve al Paese.

Un Paese su cui da tempo, sotto lo sguardo distratto di giornali e tv, si allungano oscure ombre e si fanno troppi affari. Non tutti alla luce del sole e non tutti nell’ interesse dell’ Italia.

Giacomo Amadori per “la Verità”
Continua il forsennato spoil system del Giglio magico nell’ambito delle forze dell’ordine e degli apparati di sicurezza. Una specie di magnifica ossessione del premier Matteo Renzi e del suo braccio destro Luca Lotti

Oltre ad aver piazzato il generale Giorgio Toschi al vertice della Guardia di finanza, il corpo più coinvolto nelle inchieste che stanno lambendo collaboratori e parenti del premier a Firenze e in altre contrade, il premier ha scelto il capo della Polizia Franco Gabrielli e il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette (sebbene la professionalità di entrambi non sia in discussione). Non basta.

Renzi ha puntato anche ai servizi segreti. In particolare all’Aisi, l’apparato di sicurezza interno, quello con i dossier più interessanti per la politica. Inizialmente per la direzione il presidente del Consiglio aveva pensato a un uomo di sua completa fiducia, il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, ma vista l’impossibilità di metterlo a comandare un superiore in grado (il vicedirettore Mario Parente, poi divenuto direttore), il generale è rimasto a comandare la Legione carabinieri della Toscana (dove era arrivato nel 2014).

Però l’interesse per l’Aisi è rimasto intatto. Ecco così spuntare la candidatura a vicedirettore di Valerio Blengini, un capodivisione facente funzione di caporeparto: il suo ufficio coordina i centri periferici dell’Aisi di tutta Italia. Da anni non si vedeva un interno diventare vicedirettore, un incarico solitamente riservato dalla politica a generali, questori o prefetti esterni all’Aisi.
In questo caso il governo Renzi ha scelto di comportarsi diversamente e di dare la precedenza a uno 007 in carriera. Ma la cosa non è piaciuta a tutti. Infatti, come detto, il grado di Blengini è quello di capo divisione e per diventare definitivamente caporeparto bisogna guidarne uno per almeno tre anni. Però Blengini è responsabile dei centri solo dalla primavera del 2015 e così per essere nominato vicedirettore (e contemporaneamente prefetto) dovrà fare un doppio avanzamento di carriera.

Una forzatura che sta facendo brontolare, per esempio, i superiori di Blengini dentro all’Aisi, cioé gli altri cinque capireparto, seduti sulle loro poltrone da più tempo del vicedirettore in pectore. Le voci nei suoi confronti si sprecano. Nessuno nega le sue capacità: per esempio è opera sua una mappatura quasi completa delle moschee sul nostro territorio, con relativi infiltrati. Un lavoro che ha sicuramente messo in risalto le sue capacità organizzative, ma che non spiega il doppio scatto di carriera a cui sarebbe pronto.

Classe 1957, alto e slanciato, capelli brizzolati e occhiali, carattere ruvido, è considerato uomo vicinissimo al capo della Polizia Gabrielli. I due provengono entrambi dalla Toscana: Gabrielli è nato a Viareggio, città adottiva di Blengini (torinese d’origine). Un dato anagrafico perfettamente in linea con la toscanizzazione di tutti i posti chiave della macchina amministrativa italiana. Blengini è entrato all’Aisi intorno al 2002 dopo aver lavorato all’Ucigos ed è stato subito scelto dall’allora direttore Mario Mori come capo centro di Firenze, dove è rimasto quasi ininterrottamente sino all’anno scorso. Unica parentesi tra il 2006 e il 2008, quando si è trasferito a Roma per fare il capo di gabinetto di Gabrielli, nominato direttore dell’Aisi dal governo Prodi.

In ogni caso Blengini ha assistito da Firenze a quasi tutta l’irresistibile ascesa di Renzi, prima come presidente della Provincia, poi sindaco, segretario del Pd e infine premier. In molti sottolineano la sua capacità di intuire subito le potenzialità dell’enfant prodige della politica italiana.

Nell’ultimo decennio i loro rapporti si sono consolidati soprattutto grazie ai buoni uffici di due conoscenze di Blengini, Antonella Manzione e Marco Carrai: la signora è stata nominata da Renzi capo dei vigili urbani di Firenze, lo ha seguito a Palazzo Chigi in veste di capo dell’ufficio legislativo e recentemente è stata spedita in quota Renzi al Consiglio di Stato; il secondo è l’imprenditore appassionato di spionaggio a cui da tempo il premier sta cercando di affidare la Cyber security italiana. Con il nuovo governo Blengini, come detto, è tornato a Roma per ricoprire il ruolo chiave di capo delle operazioni su tutto il territorio nazionale.



Ora qualcuno si domanda il perché di questa forzatura di carriera proprio alla vigilia del referendum, temendo che la campagna in vista del voto possa essere intossicata da veline e dossier. Si tratta di un timore legittimo? Lo scopriremo prima

del 4 dicembre, data fatidica del referendum.

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