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mercoledì 5 ottobre 2016

Referendum, ricorso al Tar: "Quel quesito è una truffa


Scatta il ricorso al Tar. "Il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di spot pubblicitario, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale".
Così gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalità dell’Italicum), motivano il ricorso al Tar contro la scheda per il referendum costituzionale del 4 dicembre. I due legali lo fanno nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-SEL), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo. Il motivo del ricorso è abbastanza chiaro e punta proprio su come è formulata la domanda. I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale "non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione degli articoli revisionati e di ciò che essi concernono". Il quesito referendario "predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria".

Poi Crimi rincara la dose: "Il testo del quesito, infatti, contrariamente a quanto previsto dall’art. 16 della Legge n. 352 del 1970 non specifica l’indicazione degli articoli oggetto di revisione e di ciò che essi concernono e risulta, pertanto, palesemente ingannevole per i cittadini. Quindi vista dunque, la delicatezza della materia oggetto del referendum, ovvero la nostra Costituzione ed i nostri diritti fondamentali, è necessario modificare il testo inserito sulla scheda di votazione che è totalmente fuorviante dalla realtà e rappresenta per i cittadini una vera e propria truffa" spiega il portavoce dei cittadini al Senato. Insomma il quesito referendario potrebbe subire qualche modifica e soprattutto perché gli elettori possano comprendere davvero su cosa viene chiesto il loro voto.

FONTE:
IL GIORNALE

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